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LA PICCOLA LIBRERIA DI NEW YORK

  • Immagine del redattore: Maria Rita Bagalini
    Maria Rita Bagalini
  • 15 dic 2019
  • Tempo di lettura: 4 min

Questo libro mi ha lasciato l’amaro in bocca. Ecco il perché.


TITOLO: La piccola libreria di New York

AUTRICE: Miranda Dickinson

GENERE: Romanzo rosa

SERIE DI RIFERIMENTO: Autoconclusivo

NUMERO DI PAGINE: 423

EDITORE: Newton Compton


TRAMA:

Quando il suo ragazzo la lascia per l’ennesima volta, Bea James, proprietaria di una libreria a Brooklyn, prende una decisione. Basta uomini, basta cuori infranti, basta dolore. Il suo lavoro le piace e i libri l’hanno sempre salvata, l’importante sarà riuscire a stare lontana dall’altro sesso. Jake Steinmann, uno psichiatra che viveva a San Francisco, è pronto a ricominciare, dopo la fine del suo matrimonio. D’ora in poi ci sarà un unico amore nella sua vita: New York. Bea e Jake si conoscono a una festa in cui sono gli unici single, e quando parlano si trovano d’accordo su una cosa: nessuno di loro due vuole avere alcun genere di relazione sentimentale. Ma la città ha altri piani per loro…


COSA NE PENSO:

Bea James lavora alla Hudson River Books, libreria sull’Ottava Avenue a Brooklyn insieme al suo miglior amico Russ O’Docherty. È fidanzata con Otis, ma già nei primi capitoli la loro relazione giunge al capolinea.

Jake Steinman è uno psichiatra che vive a San Francisco e si sta preparando ad affrontare il divorzio dalla moglie Jessica. Per ricominciare Jake imballa le sue cose e torna a New York dove vive la sua famiglia.

I protagonisti si incontrano a una festa alla quale Jake presiede in veste di barista. Tra chiacchiere e vino, i due scherzano sul fatto di essere gli unici single a un party di coppie e si lamentano delle proprie delusioni d’amore.

Così Bea e Jake stipulano un patto, elemento cardine di tutto il romanzo, secondo il quale smetteranno di cercare il vero amore e porranno al centro delle loro vite sé stessi. Tra i due nasce un sincero rapporto di amicizia fatto di passeggiate a Central Park, visite all’Empire State Building e merende alla Gran Central. Ma è durante un’esilarante pattinata sul ghiaccio che le cose cambiano. L’amicizia tra uomo e donna esiste davvero?


«Scusami tanto, Bea, stai bene?», disse, prendendo fiato e alzando una mano coperta dal guanto per togliere il ghiaccio dai capelli di Bea.

E in quel momento accadde.

Quel momento era già abbastanza intenso senza il bisogno di parole. Nonostante il dolore alla testa e al collo e il freddo che la attanagliava superando il cappotto, il maglione e i jeans, avrebbe potuto serenamente restarsene lì, a godersi il movimento lento e gentile delle dita di Jake che le sfioravano la guancia.


Poi, per aumentare la confusione di entrambi i protagonisti, rientrano in scena Otis e Jessica, entrambi pronti a fare un mea culpa e a dimostrarsi cambiati. Ma una volta iniziato un nuovo percorso è giusto tornare a guardarsi indietro?

Insomma, questa storia ha del potenziale a partire dalla splendida New York! Dalle descrizioni dettagliate si percepisce la passione della scrittrice per una città magica in ogni sfumatura. Leggendo sembra di essere davvero tra quelle strade, di sentire il caotico vociare dell’ora di punta, il gelo nelle ossa a causa delle nevicate natalizie. Dal punto di vista dell’ambientazione questo romanzo è pazzesco, posso dire perfetto. La piccola libreria di Bea è il sogno di tutti lettori. Però c’è un ma. I protagonisti non mi hanno convinta. Jake è uno psichiatra abile ad analizzare gli altri e poco sé stesso. All’inizio pare avere un carattere autoritario quando serve e infatti, pur di aiutare suo fratello a sposarsi si scontra addirittura con suo padre, un personaggio dal pugno duro e testardo. È difficile quindi credere alle paranoie da adolescente dietro le quali si nasconde quando sente di voler rompe il patto con Bea per rivelarle i propri sentimenti. La stessa cosa vale per Bea, la quale dispensa parole piene di affetto per James nelle lettere che si scambia con sua nonna, ma è pronta a silenziare tutto ciò che sente quando alla porta bussa Otis. Insomma, Bea e James mi hanno dato l’impressione di essere due ragazzini alle prese con il primo amore, due personaggi che non riescono ad ascoltare sè stessi e che non vogliono realmente scegliere. Ogni scusa è buona per tirarsi indietro.

Il finale mi ha colpito ancor meno. Dopo il cinquantesimo capitolo si capisci facilmente come andrà a finire la storia. Il lettore arriva all’epilogo del romanzo molto prima dei protagonisti.

Bea dopo il capitolo cinquanta, diventa l’inerzia fatta persona e non prova in nessun modo a prendersi ciò che vuole. Questo può essere un atteggiamento comune a molte persone, ma dalla maniera in cui gestisce la libreria dà l’impressione di essere una donna d’affari, se così possiamo definirla, che sa il fatto suo. Quindi anche qui questo passo indietro che compie, disposta a perdere la felicità restando a guardare, non mi sembra credibile.


Forse aveva perduto la sua prima vera possibilità di essere felice con un uomo del tutto affine a lei. E perché? Per via del suo stupido orgoglio! […] Aveva avuto così tante possibilità, eppure le aveva sprecate tutte.

Una lezione che aveva imparato nel modo più duro, tuttavia non avrebbe commesso simili errori in futuro. […] Forse un giorno il destino le avrebbe di nuovo trasmesso dei segnali e lei sarebbe stata pronta a coglierli.


Anche Jake mi ha fatto innervosire nei capitoli finali, perché sembra vivere in maniera passiva le cause della decisione di Bea senza mettersi davvero in gioco.

Bando alle ciance, direi che la vera protagonista di questo libro è New York, descritta in maniera minuziosa e capace di trasmetterti emozioni. Lo stesso non posso dire dei presunti protagonisti, Bea e James, che invece per me sono diventati quasi lo sfondo delle vicende, incapaci di far battere il cuore se non in qualche sporadica eccezione.



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