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DONNE CHE COMPRANO FIORI

  • Immagine del redattore: Maria Rita Bagalini
    Maria Rita Bagalini
  • 17 giu 2019
  • Tempo di lettura: 3 min

"Ci sono donne che comprano fiori, e altre che non li comprano. Questo è quanto".

TITOLO: Donne che comprano fiori

AUTRICE: Vanessa Montfort

GENERE: Narrativa contemporanea

SERIE DI RIFERIMENTO: auto-conclusivo

NUMERO DI PAGINE: 371

EDITORE: Feltrinelli


TRAMA:

Nel negozio di Olivia, nel quartiere più bohémien di Madrid, all’ombra di un ulivo centenario, si incrociano le vite di cinque donne che comprano fiori. Tutte all’inizio lo fanno per gli altri, mai per sé: Victoria li compra per il suo amante segreto, Casandra per ostentarli in ufficio, Aurora per dipingerli e Marina, per una persona che non c’è più. Dopo la perdita del marito, infatti, Marina si sente del tutto smarrita. Mentre cerca disperatamente un modo per rimettersi in piedi, si imbatte per caso in Olivia e accetta di lavorare nel suo negozio. Lì conoscerà altre quattro donne, molto diverse tra loro, ma che, come lei, stanno attraversando un momento cruciale della propria esistenza… Un romanzo intenso e pieno di passione, un viaggio nei sogni e nei desideri delle donne di oggi, alla conquista dell’indipendenza.


COSA NE PENSO:

In un piccolo quartiere al centro di Madrid c’è un negozio di fiori. Nessuno sa con precisione da quanto tempo si trovi lì. Certo è che il Giardino dell’Angolo, così si chiama, è una calamita per Marina. La protagonista, da poco vedova, passa spesso davanti le sue vetrine senza trovare mai il coraggio di entrare. Ma una sera, stupita che il misterioso negozio resti aperto fino a tardi, Marina si immerge in quell'oasi. La proprietaria è Olivia, una donna elegante, tanto particolare quanto acuta.


“Mi sono sempre piaciute le persone che hanno delle cicatrici, come gli alberi”, disse una voce alle mie spalle, che mi costrinse a chiudere il libro di scatto. “A dirla tutta non mi fido di quelli che, superati i quaranta, non ne hanno neanche una”.


Marina, con una vita che non l’ha mai vista prendere una decisione, ascolta le parole di Olivia e compie il suo primo passo nel vuoto iniziando a lavorare nel Giardino dell’Angolo.


“Mia cara, vivere è un compito urgente. Ed è già tardi. Perciò domani sarà tardissimo. Se accetti, accetti adesso”.


Da fioraia, Marina impara il linguaggio dei fiori, come potare un bonsai e prendersi cura della delicatezza della natura. Ma soprattutto fa la conoscenza di altre quattro donne che puntualmente, entrando in negozio, comprano fiori per qualcuno e mai una volta per sé stesse. Galatea, Victoria, Aurora e Casandra come Marina si trovano a un punto della loro esistenza in cui la svolta è fondamentale, ma fa paura.


“La paura conduce all'immobilità”.


Le cinque amiche, attraverso le numerose lezioni di vita esposte loro da Oliva con discorsi filosofici e vino rosso, impareranno ad ascoltare sé stesse e i loro bisogni, staccandosi dai ruoli in cui la società le vorrebbe vedere confinate.

A essere sincera appena ho iniziato questo libro, l’ho trovato noioso e faticoso da leggere soprattutto per i numerosi salti temporali che ci sono all’interno. Ammetto però che quando i personaggi hanno iniziato ad aprirsi e a mostrare la loro essenza tra le pagine, ho apprezzato molto di più la storia e il modo in cui è stata strutturata. Riconoscersi tra le righe è uno strano incantesimo e non esiste lettore che non ne cada vittima.

“Donne che comprano fiori” è un viaggio interiore esattamente come quello della protagonista. Marina, tenendo fede alla promessa fatta al marito in punto di morte, parte per andare a disperdere le sue ceneri in mare. La protagonista scopre però che quel viaggio, da lei tanto temuto, è il punto che metterà fine al suo stato di crisalide e le permetterà di rinascere.

Veleggiando verso Tangeri, Marina prende coscienza delle sue capacità, scopre di essere forte, coraggiosa e di riuscire a muovere il timone della propria vita, stabilendone lei stessa la rotta.


“Quello era il passato, pensai. E noi non eravamo fatti di passato. Non potevamo essere soltanto il prodotto dell’educazione dei nostri genitori, né del rapporto con i nostri compagni, né di ciò che avevamo perso. Doveva esserci qualcosa della Marina che avevo costruito io, di cui io ero l’unica responsabile. E in caso contrario dovevo costruirla. Era urgente”.




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