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Andrea Sperelli? Un amante voluttuoso ed egocentrico

  • Immagine del redattore: Maria Rita Bagalini
    Maria Rita Bagalini
  • 15 set 2021
  • Tempo di lettura: 4 min

“Il piacere” è il primo romanzo di Gabriele D’Annunzio e, un po’ come l’autore, o lo si ama o lo si odia. Scritto a Francavilla presso il pittore Francesco Paolo Michetti, venne pubblicato nel 1889. Il protagonista è Andrea Sperelli, un giovane esteta e alter-ego di D’Annunzio. Andrea, in proprio stile decadente, ricerca la bellezza in ogni cosa e porta avanti il motto tramandatogli dal padre secondo il quale “bisogna fare la propria vita come si fa un’opera d’arte”. Egli, amante voluttuoso ed egocentrico, è votato alle donne e le sue numerose conquiste testimoniano relazioni prive di sentimenti reali, ma volte semplicemente ad appagare i sensi. Il romanzo infatti inizia proprio con una donna, la bellissima Elena Muti. Ella, ex amante del nostro dandy, è attesa a Palazzo Zuccari dopo aver troncato, due anni prima, senza una motivazione valida, la propria relazione con il protagonista. Ora Elena è sposata e per quanto il nuovo incontro con Andrea sia passionale e pieno di nostalgia, la donna non ha intenzione di riprendere da dove ha lasciato. Ciò butta lo Sperelli in un vortice di dolore, ma ciò non gli impedisce di portare avanti la sua ricerca del piacere supremo.

"Per la natura del suo gusto, egli ricercava negli amori un gaudio molteplice: il complicato diletto di tutti i sensi, l'alta commozione intellettuale, gli abbandoni del sentimento, gli impeti della brutalità".

È soltanto dopo essere rimasto ferito in un duello e costretto a una lunga convalescenza a casa di sua cugina Francesca a Ferrara, che il nostro protagonista prova a riconnettersi con la natura e con l’arte. Qui però avviene lo sconvolgente incontro con l’aristocratica senese Maria Ferres, moglie del ministro plenipotenziario del Guatemala. Lei incarna la “donna angelo” simbolo del Dolce Stilnovo e sembra poter restituire ad Andrea quella parte di rettitudine morale che ha perso. Per tutta la permanenza di entrambi a Ferrara, egli cerca in ogni modo di sedurre e conquistare Maria e lei nei suoi diari confessa quanto sia difficile resistere alle attenzioni dell’uomo.

“Quando parliamo insieme, talvolta io sento che la sua voce è come l’eco dell’anima mia. Accade talvolta che io mi senta spingere da un subitaneo fascino, da un’attrazione cieca, da una violenza irragionevole, verso una frase, verso una parola che potrebbe rivelare la mia debolezza. Mi salvo per prodigio; e viene allora un intervallo di silenzio, nel quale io sono agitata da un terribile tremito interiore. Se riprendo a parlare, io dico una cosa frivola e insignificante, con un tono leggero; ma mi pare che una fiamma mi corra sotto la pelle del viso, ch’io sia per arrossire. S’egli cogliesse quell’attimo per guardarmi risolutamente negli occhi, sarei perduta”.

A un certo punto del romanzo Andrea Sperelli è talmente combattuto nell’animo, diviso tra la passione ancora non sfumata per Elena e la voglia di far sua Maria da fondere il desiderio per entrambe le donne facendole diventare un’unica immagine nella sua mente. Ed è qui che perde tutto ciò che avrebbe potuto avere, perché Maria sentendolo pronunciare il nome dell’ex amante al posto del proprio in un momento di passione, senza voltarsi indietro se ne va.

“Ella gli scivolò dalle braccia, con una terribile espressione d’orrore in tutte quante le membra, più bianca de’ guanciali, sfigurata più che s’ella fosse allora balzata di tra le braccia di Morte. Quel nome! Quel nome! Ella aveva udito quel nome! Un gran silenzio le vuotò l’anima. Le si aprì dentro uno di quegli abissi in cui tutto il mondo sembra scomparire all’urto di un pensiero unico. Ella non udiva più altro; ella non udiva più nulla”.

Così si compie il destino del nostro protagonista, egli resta solo, a testimonianza di come l’estenuante ricerca della bellezza e l’effimero piacere fisico lo abbiano corroso lasciandolo vuoto.


“Il piacere” è un romanzo complesso e il lettore può annoiarsi a morte o appassionarsi senza alcuna via di fuga. A me è piaciuto moltissimo. Al liceo ho odiato D’Annunzio, ma leggendo questo romanzo mi sono piacevolmente ricreduta e ho apprezzato realmente il suo stile. Nonostante la presenza di numerosi sonetti, figure retoriche e riferimenti a poeti del passato (come Percy Shelley e George Byron), il linguaggio è chiaro e accessibile a tutti. Lo stile è molto descrittivo e povero di dialoghi intervallati da numerose riflessioni interiori dei personaggi. Questo in assoluto è l’aspetto che più ho adorato. D’Annunzio riesce a dedicare più di cinque pagine al mare descrivendone l’aspetto e ciò che quella distesa salata suscita nell’animo del protagonista.

“Il mare non soltanto era per lui una delizia degli occhi, ma era una perenne onda di pace a cui si appendevano i suoi pensieri, una magica fonte di giovinezza in cui il suo corpo riprendeva la saluta e il suo spirito la nobiltà. Il mare aveva per lui l’attrazion misteriosa d’una patria; ed egli vi si abbandonava con una confidenza filiale, come un figliuolo debole nelle braccia d’un padre onnipotente. E ne riceveva conforto; poiché nessuno mai ha confidato il suo dolore, il suo desiderio, il suo sogno al mare invano.
Il mare aveva sempre per lui una parola profonda, piena di rivelazioni subitanee, d’illuminazioni improvvise, di significazioni inaspettate”.

Il romanzo è povero di trama, ma D’Annunzio è capace di coinvolgere il lettore nei pochi avvenimenti che si susseguono grazie alle analisi psicologiche ed emozionali dei personaggi. Il linguaggio raffinato viene mantenuto tale anche nei momenti di passione tra Andrea e le sue amanti.

Per concludere, credo che questo sia il tipo di libro che ha più probabilità di essere apprezzato in età adulta piuttosto che in quella scolastica.


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